Intervista a Paton

Quello che stiamo per vivere adesso, tramite le classiche 10 domande, è un tuffo nel passo; un ritorno ad un motociclismo fatto di passione e di sacrifici, dove le hospitality erano rappresentate da un furgone allestito ad hoc per l'occasione e dove l'abilità dei migliori artigiani di tutto il mondo, permetteva di partecipare e anche ben figurare nella classe regina del campionato mondiale di motociclismo. Il nome PATON non ha certo bisogno di presentazioni. In un clima pre-feriale non è di certo facile riuscire a realizzare un'intervista, ma questo non mi ha impedito di sentire Roberto Pattoni; gentile, disponibile e molto contento di tale iniziativa. Io direttamente e tutto lo staff di Mitoclub ringrazia Roberto Pattoni per la disponibilità

Ceppa: Gli utenti MitoClub sono molto giovani, il segmento delle 125 cc è un “entry level” e di conseguenza molti non conoscono la vostra Factory. Puoi riassumere brevemente come mai è nata Paton?
Roberto: Paton è nata dalla passione di mio padre, dalla voglia di misurarsi con i grandi colossi del motomondiale. Non siamo mai stati un team privato, ma un team vero e proprio; una scuderia, la Paton per l'appunto.

Ceppa: Paragonandolo al giorno d'oggi, che cosa si respirava nelle officine di quei tempi? Qual'è stata la tua più grande soddisfazione da quando operi attivamente in Paton?
Roberto: Già prendere parte allo schieramento della classe 500, era un grande onore. Passavamo nottate intere in officina a chiudere i motori per essere pronti alla trasferta per affrontare al meglio il weekend di gara. Una delle mie più grandi soddisfazioni è stata quella di assistere attivamente, per la prima volta, ad una gara del motomondiale classe 500, circuito di Brno. Naturalmente sotto le insegne del team Paton.

Ceppa: Oggi il tema delle moto artigianali è tornato in voga, così come il nome della vostra Factory, menzionata più volte nella telecronaca della MotoGp da Temporali. Cosa significa partecipare al campionato del mondo 500GP? Quanto c'è di giusto nel paragonare la vostra Factory alle attuale CRT?
Roberto: Affermazione sbagliata. Noi non eravamo un team privato, o una sigla che tanto ora va di moda in quel del MotoGP (BQR, ART ecc), noi eravamo una scuderia ufficiale, una factory ed eravamo considerati come tali dai nostri avversari. Un team di CRT ora non ha il blasone e la storia di un team come Paton e di certo, una Paton oggi non esisterebbe in CRT, perché di artigianale quelle moto non hanno nemmeno il “profumo”. Va però apprezzato il gesto di rinnovare la classe MotoGP, questo si.

Ceppa: Quando intervistai Gilberto Milani, nei numerosi aneddoti, mi raccontò di come vi era (parliamo dei primi anni '90) un grande scambio di informazioni tra Cagiva e Paton. Diciamo che la casa dell'elefantino, almeno questo è quello che ho capito, voleva cercare d'imporre in qualche maniera il tricolore nella classe regina, o quanto meno aveva piacere di farlo sventolare. Ad un certo punto pure Bimota (colorazione bianca) aveva annunciato di voler partecipare al 500GP, con una bicilindrica 2 tempi: Rosso Cagiva, Bianco Bimota, Verde Paton...c'è qualcosa di vero in quanto sopra descritto? Come veniva vista la Paton nel paddock della 500GP? E come la Cagiva?
Roberto: C'è sempre stato scambio di informazioni con Varese, soprattutto nell'epoca 500. Mio padre era grande amico di Claudio, difatti la Cagiva ci fornì i due telai con i quali prendemmo parte alle ultime gare in 500, opportunamente modificati per adattare i nostri motori. Più che Cagiva noi eravamo a stretto contatto con la Honda, la quale ci forniva candele, accensioni e addirittura i carburatori (batteria di carburatori) per il nostro propulsore. La Honda era “impressionata” dalla passione che mettevamo nel nostro lavoro. In una intervista rilasciata dal presidente della HRC di fine anni '80 ad una rivista di moto, sottolineava che la vera “magia” del motomondiale non era vincere in tutte le classi (125-250-500) ma osservare il team Paton al lavoro. Quelle parole ci riempirono di orgoglio, riuscimmo ad entrare in contatto con Honda ed il resto è storia.

Ceppa: Nella vostra Factory sono passati molti piloti (ho intervistato Pedercini e Tessari, giusto per citarne due direttamente conosciuti), quale ti ha lasciato un ricordo indelebile? Hai qualche aneddoto da raccontare? Magari su Gimbert, apparso in Paton in quel di Donington…
Roberto: Gimbert un vero pazzo. Aveva voglia di mettersi subito in mostra e, durante le libere del venerdì, tirò una bella mina con la Paton, devastandosi mezzo corpo. Naturalmente non prese parte alla gara e addio giorni di gloria. I nostri piloti sono sempre stati “il fiore all'occhiello” del panorama motociclistico mondiale, non posso parlare di uno in particolare, perché tutti ci hanno lasciato ricordi indelebili; ci è solo mancata la fortuna per imporci a certi livelli o nei piani che contano della classifica. Tutto qua. Quello che più mi ha impressionato tra tutti i piloti che ho visto nel motomondiale è stato Walter Villa, un fenomeno con la “f” maiuscola, un professionista meticoloso e preciso sul comportamento della moto e su dove lavorare per lo sviluppo del mezzo.

Ceppa: Il settore delle due ruote sta vivendo un periodo di forte contrazione delle vendite. Come sta vivendo Paton questi anni di “crisi economica” del mercato motociclistico?
Roberto: Noi produciamo repliche delle moto che correvano nei mondiali sul finire degli anni '60. Sono moto molto costose, quindi rivolte ad un pubblico “benestante”. Ciò non significa che la congiuntura economica non abbia colpito anche noi in quanto chi acquista le nostre moto per sfoggiarle durante le varie manifestazioni storiche (una sorta di giocattolo costoso da mostrare in giro per il mondo), ora attende perché il periodo di incertezza ha colpito anche la nostra clientela.

Ceppa: Quali sono i vostri piani per l'immediato futuro e non?
Roberto: Tutto dipende dalla riprese economica, abbiamo tanti progetti in cantiere ma se mancano i fondi, si va poco lontano.

Ceppa: Il due tempi è ormai scomparso in ambito motociclistico, giusto pochi produttori continuano ancora ad investire in questo tipo di motore. Cosa ne pensi di tale scelta? Pensi che nel futuro, così come il 4 tempi scomparve perché non più competitivo dai campionati mondiali sul finire degli anni '70, anche il 2 tempi torni in una nuova veste?
Roberto: Noi abbiamo “il sogno”, chiamiamolo così. La replica della 500 2T mostrata all'EICMA di qualche anno fa è assolutamente realizzabile e abbiamo anche ricevuto molte richieste. L'unica cosa che ci frena è il momento economico sbagliato. Se le case avranno interesse ad investire nuovamente nel 2 tempi, dato che c'è una richiesta di mercato, perché mai non dovrebbero farlo? È un po' come “il nostro sogno”.

Ceppa: Facciamo finta che esista la macchina del tempo. Potendo tornare indietro, cambieresti qualcosa del tuo passato o del passato della Factory?
Roberto: Assolutamente no. Ho passato la mia vita in officina, continuo tutt'ora a farlo e non c'è niente che rimpiango. La passione mi ha portato a vivere di pane e moto, in alcuni periodi dell'anno non vi era più differenza tra un lunedì o una domenica, lavorano sempre, giorno e notte.

Ceppa: Che cosa spinge ancora, nonostante tutti i sacrifici, le nottate passate in bianco e la ragguardevole mole di ore passata in officina a voler continuare con la produzione Paton?
Roberto: La passione. Vedere Ryan Farquhar vincere il Manx GP Formula Classic 500 GP con una nostra moto, vale tutto l'impegno profuso. Vedere il nostro cliente soddisfatto, dopo aver messo in moto per la prima volta la Paton appena acquistata, vale il prezzo del biglietto. Ogni nostra azione che compiamo, ci ripaga di tutte i sacrifici fatti.

Ceppa: Grazie mille per il tempo concessomi, spero di vederti presto di persona, magari ad una prossima 200 miglia di Imola.
Roberto: Grazie mille a te, mi ha fatto molto piacere rivivere i tempi passati, anche se è un po' come girare il coltello nella piaga….

Michele Prontelli "CEPPA"

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